Pubblicato su politicadomani Num 86 - Dicembre 2008

Obama: l’uomo del dialogo e della fermezza

Su terrorismo, Medioriente e conflitto israelo-palestinese, la politica estera del futuro Presidente corre sul filo della continuità

di Matteo Luigi Napoletano

Quello della Mercury Export Ban Act è solo l’ultimo esempio di un dialogo bipartisan che ha informato questo lungo e acceso periodo di storia americana. E il passaggio di consegne non può non toccare anche la politica estera americana, su cui va fatta una prima analisi, quanto alle prospettive e ai temi caldi che attendono il nuovo presidente eletto.
Fra gli ultimi atti della Presidenza Bush vi è una lettera alla Portavoce della Camera dei Rappresentanti, in cui il Presidente uscente dichiara che «l'emergenza nazionale rispetto alla proliferazione delle armi di distruzione di massa, dichiarata con l'Ordine esecutivo n. 12938 del 14 novembre 1994, come emendato, continuerà ad essere in vigore dopo il 14 novembre 2008». Bush ha in pratica ribadito l'esistenza di «un'emergenza nazionale rispetto alla minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale, alla politica estera e all'economia degli Stati Uniti, posta dalla proliferazione di armi (armi di distruzione di massa) nucleari, biologiche e chimiche, e dai modi di diffusione di queste armi». Nel far questo Bush si è richiamato a un precedente Ordine esecutivo del Presidente Bill Clinton (il n. 13094 del 28 luglio 1998), e a un successivo suo ordine che lo emendava (il n. 13382 del 28 giugno 2005). «Pertanto – continua il Presidente – l'emergenza nazionale dichiarata per la prima volta il 14 novembre 1994, ed estesa per tutti gli anni seguenti, deve continuare».
Un analogo provvedimento è stato preso nei confronti dell'Iran. Va ricordato che il 14 novembre 1979, alla fine del suo mandato e alla vigilia del passaggio di consegne al successore Ronald Reagan, il Presidente Jimmy Carter aveva emanato un Ordine esecutivo (n. 12170) che dichiarava l'emergenza nazionale con riguardo all'Iran di Khomeini, che costituiva una minaccia senza precedenti alla sicurezza, alla politica estera e all'economia degli Stati Uniti. Terminando il suo mandato, George W. Bush ha voluto riconfermare ancora per un anno questa linea politica bipartisan nei confronti dell'Iran: politica che il neoeletto Presidente Obama ha chiaramente mostrato di condividere, se si considerano i suoi precedenti politici e vista anche la reazione iraniana di disappunto nei suoi confronti.
Gli Stati Uniti terranno quindi molto alta la guardia contro quei paesi che intendono, dichiaratamente o no, dotarsi dell'arma atomica, o che detengono altri tipi di armi di distruzione di massa. Essendo stato ciò ribadito da Bush il 10 novembre, ossia cinque giorni dopo l'elezione di Obama, è possibile concludere che, su un punto così importante, Bush abbia senz'altro goduto del consenso del suo successore alla Casa Bianca.
Beninteso, il percorso di Obama sarà originale e diversificato; nondimeno, analizzando alcuni temi caldi di politica estera, non è escluso che Obama prescinda dal problema di distinguersi o no dalle due Amministrazioni Bush.
Giova riepilogare quali sono i dossier che attendono il nuovo presidente in merito alla politica estera. Questo ovviamente lo si può desumere dai temi affrontati in campagna elettorale; ma nondimeno, anche il lavoro del senatore Obama può essere di grande aiuto per una prima analisi.
Per avere un quadro più preciso delle nuove prospettive americane, e nell'attesa che il neopresidente presti giuramento, il prossimo gennaio, non c'è allora che da riferirsi alla sua attività in Senato sui temi di politica estera.
Barack Obama è stato membro del Comitato senatoriale per le Relazioni internazionali, e in questa veste ha ripetutamente espresso il desiderio di uno sforzo per prevenire il terrorismo nucleare e la proliferazione di armi di distruzione di massa. Su questo punto, dunque, Obama condivide l'ordine presidenziale del 10 novembre, regolarmente comunicato al Congresso degli Stati Uniti. Tre anni fa, inoltre, Obama si è recato nei paesi dell'ex Unione Sovietica insieme al senatore repubblicano dell'Indiana Richard Lugar. Scopo della missione era di appurare quanto fossero pericolose le armi disseminate qua e là e ormai fuori del controllo sovietico, e poi russo. Da questa missione bipartisan è scaturito il disegno di legge Obama-Lugar, convertito in legge nel gennaio 2007. In base alla sua normativa, gli Stati Uniti devono dotarsi di tutti gli strumenti per controllare e bloccare il trasferimento di armi di distruzione di massa. In più, la legge prevede una serie di nuovi sistemi per distruggere le armi convenzionali suscettibili di finire in mani sbagliate. I due relatori della lgge, Obama e Lugar, si sono poi fortemente impegnati affinché si garantissero, per renderla efficace, i finanziamenti adeguati.
Obama è autore di un'altra iniziativa bipartisan insieme al senatore repubblicano del Nebraska, Hagel, relativa a un testo di legge sulla prevenzione del terrorismo internazionale, sulla riduzione degli arsenali nucleari e sui modi per bloccare la diffusione di armi e tecnologia nucleare. Questo disegno di legge è stato poi accorpato dall'amministrazione Bush nella legge finanziaria per il 2008. Sulle base di queste disposizioni, il Presidente degli Stati Uniti sottopone al Congresso un piano generale che entro il 2012 consenta di sscongiurare per sempre il pericolo che i terroristi internazionali s'impadroniscano di armi e materiale bellico, che possano procurarsi nei siti più a rischio.
Fra i paesi sul banco degli imputati nel campo della proliferazione delle armi nucleari Obama ha messo l'Iran, chiedendo contro di esso sanzioni sempre più aspre, in ossequio ai principi internazionali. Ed è proprio dell'allora senatore Barack Obama l'Iran Sanctions Enabling Act, ossia la legge che accresce la pressione economica su Teheran. In essa si legge che Stati e governi locali possono disinvestire da quelle compagnie che abbiano impegnato in Iran somme superiori ai venti milioni di dollari nel settore energetico; inoltre, per tutte quelle compagnie che abbiano disinvestito dall'Iran, si offrono sicure prospettive d'investimento altrove. Questo disegno di legge del senatore Obama è stato assorbito, nel luglio 2008, dal Comprehensive Iran Sanctions, Accountability and Divestment Act, ossia dalla legge approvata dal Comitato senatoriale per le banche, per le case e per gli affari urbani.
Un altro dossier caldo per Obama è certamente quello mediorientale. Prima di essere eletto Presidente, e ancor prima che la campagna elettorale entrasse nella sua fase più acuta, l'allora senatore Obama ha chiesto all'amministrazione americana di aumentare gli sforzi per aiutare Israele nella ricerca di una pace coi vicini. L'ipotesi per lui resta quella dei due Stati, partendo tuttavia da un forte e chiaro impegno statunitense a difendere la sicurezza di Israele e la sua sopravvivenza, anche come Stato ebraico. Nell'ambito di questo progetto, nel 2006 Obama ha compiuto un tour “para-diplomatico” in Iraq, Kuwait, Giordania, Israele e nel territori palestinesi, incontrando le parti direttamente interessate a una soluzione per la Palestina. In particolare, nel gennaio 2006, Obama ha sorvolato in elicottero zone calde come Kiryat Shmona, nel distretto settentrionale israeliano al confine libanese; località più tardi oggetto di un massiccio attacco missilistico da parte di Hezbollah. «È importante ricordare questa storia – avrebbe poi detto Obama all'AIPAC Policy Forum di Chicago, il 2 marzo 2007 – che Israele si è ritirato unilateralmente dal Libano solo per ottenere in cambio che l'Iran rifornisse Hezbollah di miliaia di razzi» da lanciare su Kiryat Shmona. Ecco perché, per Obama, lo sforzo in Medio Oriente «inizia con un chiaro e forte impegno alla sicurezza di Israele, il nostro più forte alleato nella regione e la sola stabile democrazia in essa». Come lo stesso Obama ha detto, nel ricordato Forum di Chicago: «Sarà sempre questo il mio punto di partenza. E quando tutti assistiamo alle crescenti minacce nella regione, dall'Iran all'Iraq alla rinascita di al-Qaeda fino al rinvigorimento di Hamas e Hezbollah, quella lealtà e quell'amicizia mi guideranno mentre inizieremo a porre le pietre che costruiranno la strada che ci porti dall'attuale instabilità a una pace e sicurezza durevoli».

 

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